Punti chiave
📈 Quali elementi compongono il tasso di un prestito a tasso variabile?
Parametro di mercato, eventuale arrotondamento, più lo spread concordato.
📆 Ogni quanto si aggiorna di solito il tasso variabile?
Mensilmente, trimestralmente o semestralmente, in linea con la scadenza del parametro scelto.
🏦 Quali parametri di riferimento sono più usati?
Principalmente l’Euribor a 1, 3, 6 o 12 mesi o il tasso ufficiale BCE.
📉 Cosa succede alla rata se il parametro di riferimento cala?
La rata diminuisce in proporzione al ribasso del parametro.
📈 E se il parametro sale?
La rata aumenta, trasferendo al debitore il rischio di mercato.
🔒 A cosa serve il cap in un tasso variabile?
A fissare un limite massimo oltre il quale il tasso non può salire.
🛡️ Qual è il principale vantaggio per il debitore?
Un tasso iniziale generalmente più basso rispetto al fisso e la possibilità di beneficiare di futuri ribassi.
⚠️ Perché il TAEG indicato è solo ipotetico?
Perché viene calcolato sul tasso iniziale, che può cambiare durante la vita del prestito.
🔄 È possibile passare dal variabile al fisso senza costi?
Sì, la normativa consente la conversione o surroga a zero spese in determinate condizioni.
📝 Quali informazioni devono essere chiaramente indicate nel contratto?
Parametro, spread, frequenza di revisione, cap o floor, modalità di calcolo e tempi di comunicazione del nuovo tasso.
💰 Come può il debitore gestire il rischio di rialzo dei tassi?
Scegliendo formule con cap, effettuando stress test, monitorando il mercato o ricorrendo a coperture o rifinanziamenti.
Tasso variabile nei prestiti: cos'è e come funziona
Nei prestiti a tasso variabile il tasso d’interesse viene periodicamente aggiornato sommando un parametro di mercato a uno spread pattuito. L’importo delle rate segue l’andamento dei tassi monetari: scende quando il parametro cala e sale in caso contrario. Ciò trasferisce al debitore l’esposizione alle oscillazioni dei mercati, mentre consente all’intermediario di mantenere il rendimento in linea con le condizioni vigenti.
Il tasso applicato deriva dalla formula parametro di riferimento ± eventuale arrotondamento + spread. Come parametri si usano soprattutto l’Euribor a 1, 3, 6 o 12 mesi (base 360 o 365 giorni) o, in alternativa, il tasso ufficiale sulle operazioni di rifinanziamento principali della BCE; la scadenza scelta coincide con la frequenza di revisione, di norma mensile, trimestrale o semestrale. Lo spread, fissato alla stipula, remunera il rischio di credito e i costi operativi; se il parametro diventa negativo, taluni contratti applicano un floor implicito che impedisce al tasso di scendere sotto il solo spread. Ogni aggiornamento decorre dalla prima data di rilevazione utile e incide immediatamente sulla rata o, nelle varianti a rata costante, sulla durata residua.
Le principali formule contrattuali sono: variabile puro senza limiti; variabile con cap (e talvolta floor) che fissa soglie massima e minima; variabile a rata costante, che mantiene invariata la rata modificando la durata; tasso misto con periodi fissi e variabili alternati; variabile con periodo iniziale fisso. Molti contratti prevedono la facoltà di conversione a tasso fisso o di estinzione anticipata con penali assenti o ridotte.
Per il debitore il vantaggio è un tasso iniziale di solito inferiore al corrispondente fisso e la possibilità di beneficiare di eventuali ribassi futuri; il rischio principale è l’incertezza sull’importo delle rate dovuta a variazioni dei tassi ufficiali, aggravata nei finanziamenti di lunga durata. Il TAEG indicato nei prospetti è meramente ipotetico perché calcolato sul tasso iniziale; è quindi buona pratica simulare scenari di rialzo del parametro per verificare la sostenibilità del debito.
Dal punto di vista normativo il contratto deve indicare con chiarezza parametro, spread, frequenza di revisione, clausole di cap o floor, modalità di calcolo e tempi di comunicazione del nuovo tasso. Il limite all’usura viene applicato al valore massimo raggiungibile dal tasso comprensivo di spread, mentre clausole di fallback garantiscono la continuità qualora l’indice di riferimento venisse sostituito. La normativa consente di surrogare o rinegoziare il prestito a costo zero e, grazie a disposizioni introdotte nel 2023, di convertire determinati mutui variabili in fissi senza spese.
Il rischio può essere gestito scegliendo soluzioni con cap, costruendo stress test sul parametro di riferimento, monitorando costantemente il mercato e valutando l’eventuale uso di strumenti di copertura o di rifinanziamento. Gli intermediari, dal canto loro, bilanciano le scadenze di attivo e passivo per ridurre l’esposizione alle variazioni dei tassi, contribuendo alla stabilità del credito.