Prestiti per lavoratori dipendenti: come funzionano

Guida ai prestiti ai dipendenti nel settore finanziamenti: cessione del quinto, tassi fissi agevolati, fringe benefit e requisiti di accesso

I prestiti ai dipendenti sono forme di credito riservate a lavoratori subordinati pubblici o privati che rimborsano la rata direttamente in busta paga, con significativa riduzione del rischio di insolvenza per il finanziatore. L’accesso è favorito dalla stabilità del reddito da lavoro, mentre al dipendente è garantita una rata sostenibile entro i limiti di legge.

La modalità più diffusa è la cessione del quinto disciplinata dall’articolo 5 del DPR 180/1950: possono richiederla i titolari di contratto a tempo indeterminato (o pensionati), la rata non supera il 20 % dello stipendio netto mensile, il tasso è fisso e la durata massima è di dieci anni; sono sempre incluse le polizze vita e, per i privati, la copertura contro la perdita d’impiego. A questa si può sommare una delega di pagamento che raddoppia la quota cedibile fino al 40 %. Accanto ai prodotti di mercato operano i prestiti agevolati INPS per dipendenti pubblici: il Piccolo Prestito (1-4 anni, importi limitati, tasso 4,25 %) e il Prestito Pluriennale diretto (5 o 10 anni, tasso 3,5 %, causali predefinite), entrambi rimborsati con trattenuta sul cedolino e richiedibili dopo almeno dodici mesi di contribuzione al Fondo Credito. Esistono poi fondi di categoria o territoriali – ad esempio Ebitemp per la somministrazione – che offrono importi fino a 5.000 euro a tasso zero, nonché iniziative aziendali: l’impresa può erogare con mezzi propri o tramite convenzioni, talvolta accollandosi parte degli interessi.

La procedura ordinaria parte dal calcolo della quota cedibile e dalla raccolta di documento d’identità, codice fiscale, ultime buste paga e certificato di stipendio; segue la valutazione di anzianità, tipo di contratto, eventuale TFR accantonato, età a fine piano e presenza di altre trattenute. Una volta ottenuto il benestare del datore, l’importo viene accreditato e l’azienda inizia a versare le rate al finanziatore. Se il rapporto di lavoro cessa prima dell’estinzione, il datore deve riversare la parte disponibile del TFR o trasferire la trattenuta al nuovo datore nei tempi previsti.

I prestiti aziendali rientrano nei fringe benefit dell’articolo 51, comma 4, lettera b) del TUIR: il reddito imponibile del dipendente è pari al 50 % della differenza fra gli interessi calcolati al Tasso Ufficiale di Riferimento e quelli effettivamente pagati. Dal 2023, per i tassi variabili si applica il TUR di ciascuna scadenza, per i fissi il TUR alla data di concessione; se il tasso praticato è almeno pari al TUR non sorge alcun beneficio tassabile. Entro la franchigia annua di 258,23 euro – elevata a 1.000 euro, o 2.000 euro per chi ha figli a carico, per il 2024 – l’agevolazione non concorre a reddito né a contributi. Il datore di lavoro deve effettuare il conguaglio annuale, monitorare il cumulo con altri benefit e rispettare i limiti di pignorabilità.

Tra i vantaggi figurano istruttorie rapide, tassi più contenuti rispetto ai prestiti personali, protezione da rialzi dei tassi e coperture assicurative obbligatorie; inoltre la trattenuta diretta rende finanziabili anche lavoratori con pregresse segnalazioni. Gli svantaggi riguardano la minore capacità di spesa mensile, il costo dei premi assicurativi inclusi nel TAEG e l’impatto fiscale dei fringe benefit se si supera la soglia di esenzione. È sempre ammessa l’estinzione anticipata con rimborso dei costi non maturati; la surroga è possibile previa notifica al datore.

Per una gestione corretta è opportuno confrontare più proposte, verificare il TAEG comprensivo di spese, conservare la documentazione per il calcolo dei benefit, ridefinire il TUR in caso di rinegoziazione e controllare il rispetto dei limiti di legge su cessioni e pignoramenti, così da bilanciare la necessità di liquidità con la sostenibilità futura delle trattenute.